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Lo spazio di coworking può davvero aiutare le aziende con personale da remoto che sono preoccupate per la sicurezza informatica a stare più tranquille. Parola di Ran Haer, Information Security Manager di IWG
La crescita innegabile del lavoro da remoto e degli spazi di lavoro flessibili porta la sicurezza informatica al primo posto nell’elenco delle priorità (e preoccupazioni) di tanti dirigenti aziendali.
Negli ultimi anni, i professionisti hanno iniziato a chiedere con sempre maggiore veemenza di poter lavorare in maniera flessibile e da remoto nel corso delle negoziazioni di nuovi ruoli e contratti. Secondo il Sondaggio sullo spazio di lavoro globale del 2019 condotto da IWG, società madre di Regus, i dipendenti di tutto il mondo che lavorano al di fuori della sede principale almeno 2,5 giorni alla settimana sono ben il 50%. Le aziende di alcuni settori, come quello tecnologico e quello della produzione di videogiochi, sono però restie a permettere ai loro dipendenti, spesso soggetti ad accordi di non divulgazione, di lavorare da remoto, proprio a causa delle preoccupazioni in merito alla sicurezza informatica in un home office.
Nonostante tra le preoccupazioni principali delle aziende che utilizzano spazi di coworking e uffici condivisi ci siano senza dubbio le minacce alla sicurezza informatica, bisogna ricordare che con noi si è sempre in buone mani. Ran Haer, Information Security Manager del gruppo, e il suo team lavorano 24 ore su 24 per rendere sicure le reti, prevenire attacchi informatici e proteggere le reti e i dati dei clienti.
Ran Haer ci tiene a rassicurare e spiega: “Lavoriamo quotidianamente con un gran numero di fornitori leader in networking e sicurezza. Il nostro obiettivo? Assicurarci di disporre degli strumenti e delle apparecchiature che ci consentano di garantire ai nostri clienti di lavorare in ambienti sicuri. Ma non ci accontentiamo di questo, infatti chiediamo costantemente ai nostri provider di sviluppare nuove idee che rendano le nostre reti sempre più sicure”.
“Pur non toccando in alcun modo i dati dei nostri clienti, offriamo loro diversi servizi di rete, tutti dotati di sistemi di sicurezza integrati. In pratica, le reti dei nostri uffici vengono usate da tante aziende diverse, ma nessun cliente può connettersi con un altro cliente sulla rete”, continua Ran Haer.
I brand che operano all’interno di IWG adottano severi criteri di sicurezza che sono sottoposti in maniera regolare e continua a test. “Ci serviamo di un team di penetration tester, o hacker professionisti che dir si voglia, che testano i sistemi dei centri, cercando continuamente di introdursi all’interno della nostra rete. Se installiamo un nuovo servizio o rilasciamo un nuovo prodotto, lo portiamo al team di esperti che cerca di attaccarlo. In poche parole, controlliamo continuamente tutto da dietro le quinte per fornire al cliente un’esperienza impeccabile”, spiega l’Information Security Manager.
I centri Regus usano una procedura di registrazione secondo cui a ogni nuovo cliente viene richiesto di effettuare l’accesso una sola volta per essere poi ricordato le volte successive. Ran afferma: “La convalida delle identità dei nostri membri ci consente di garantire la sicurezza informatica in tutti i nostri uffici”.
È ovvio che anche chi non è un membro Regus può usare la rete, fintanto che si identifica, ma anche in questo caso non esiste alcun modo in cui è possibile introdursi nei sistemi degli altri clienti. La bestia nera di Ran e del suo team è il social engineering: tutte quelle tecniche ingannevoli usate per spingere le persone a divulgare informazioni riservate. “L’essere umano è di norma la maglia più debole della catena, ma il nostro team è la nostra prima linea di difesa e riesce a vedere se qualcuno sta cercando di superare i sistemi di sicurezza sia tramite e-mail sia entrando fisicamente negli uffici e fingendo di essere un’altra persona”, afferma Ran Haer.
Tutti gli uffici attrezzati sono dunque ambienti sicuri dal punto di vista fisico e anche da remoto. Questo spiega perché l’uso di spazi flessibili e soluzioni mobili può veramente contribuire a ridurre le minacce di attacchi informatici.
Ran Haer conclude: “Stiamo cercando di trovare modi più efficaci per accrescere la consapevolezza su questa tematica, che non si limita ai pericoli legati al phishing, ma anche, ad esempio, alla sicurezza sui social media, aspetto da non sottovalutare considerata la diffusione del bullismo informatico. Le persone devono essere più consapevoli e più attente. Questa è la nostra priorità”.
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